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Memorie storiche di Favara di Carmelo Antinoro

I MACELLI

 

I macelli

 

Via Trappeto Contino, luogo del macello nell'800

via Trappeto Contrino

 

Mattatoio in c.da Forche

struttura del macello del 1905 (ora uffici comunali)

 

 

Lo scannatoio cinquecentesco/seicentesco

 

Si hanno notizie sull’esistenza del pubblico macello a Favara dalla seconda metà del 1600 in poi ed era ubicato in prossimità della fonte Canali.

Nella tradizione orale favarese con il termine Carzalivò si individuava una zona della via Lunga (attuale via Umberto) ed era la traduzione dialettale del carcere dei buoi, cioè del magazzino dove i buoi destinati alla macellazione venivano rinchiusi.

Abbandonato quel luogo, nella seconda metà del 1800, nei primi anni del risveglio politico, sotto la sindacatura di Felice Bennardo, nella parte bassa del paese, allora nell’estremo confine est del paese, in quel tempo appartato e quasi ignoto (nella via Trappeto Contino - v. foto a sx - fra le vie Scannatoio, Luigi La Porta e delle Fonti), venne realizzato un recinto, chiamato macellatoio, in modo del tutto opposto alle regole. Un semplice atrio chiuso da muri, in parte coperto da tettoia di canne e tegole, sotto la quale stava un grande scanno in muratura, sul quale venivano uccise le bestie minute, si sventravano e di pelavano i maiali. Le bestie grosse si ammazzavano attaccate fra due pilastri. Dentro sedimentava una gran quantità di sangue misto a letame, mentre le interiora e le feci formavano una profonda melma puzzolente che si convertiva in una pozzanghera infernale durante l’inverno. I miasmi rendevano pestifero il quartiere e si avvertivano da lontano. Una gran quantità di zanzare in estate e autunno molestavano gli abitanti del quartiere, con rischi di infezione, con febbri intermittenti e tifoidee. Per le forti esalazioni i macellai preferivano scannare per strada. Quando venne costruita la strada rotabile intercomunale Favara-Palma di Montechiaro venne fatta passare radente i muri dello scannatoio e con l’innalzamento della quota stradale il macello rimase più infossato di prima e senza sfogo per quelle micidiali porcherie. Nel frattempo la zona continuò a popolarsi, i fabbricati si estesero, il paese crebbe e il lurido e brutale scannatoio restò in mezzo. La porta mal curata era sempre aperta. Come in un furibondo spettacolo, come i romani al circo, i bambini, i fanciulli, i curiosi correvano a vedere le carneficine delle bestie e quasi si inebriavano di quel sangue che correvano a bere come medicinale. Era uno scandalo, una palestra d’educazione sanguinaria.  Varie volte gli abitanti di quella zona avevano avanzato reclami al sindaco e la risposta non era altro che insolenza e disprezzi.  Tra il 1889 e 1893 sollecitarono più volte il Prefetto di Girgenti per far leva verso l’Amministrazione comunale per la risoluzione del problema. La questione venne infine portata all’attenzione del Consiglio Comunale che, all’unanimità, ha approvato l’utilizzo di uno spezzone di terra per il nuovo scannatoio, in una zona periferica del paese, in c.da Forche, nei pressi dell’antico stazzone e la vecchia cava di S. Rosalia. Dovettero però passare circa 13 anni per la posa della prima pietra (1905 circa) (v. foto a dx).