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Carmelo Antinoro © 2008
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S. Onofrio di Favara: una chiesa divenuta macelleria di Carmelo Antinoro
Nella seconda metà del 1800, molto probabilmente dopo la eversiva legge che ha dato origine all’incameramento di molti beni ecclesiastici al demanio dello stato, la chiesa di S. Onofrio, con atto pubblico, è entrata nel possesso del Comune di Favara. Per alcuni anni la chiesa è stata utilizzata dal Comune come magazzino; qualche volta all’interno è stato allestito un teatrino. Alla fine dell’800 si parlava di un progetto da parte del Comune per la trasformazione in teatro comunale, ma la cosa non ebbe seguito. Tra la chiesa del Purgatorio e l’ex chiesa di S. Onofrio don Ciccio Albergamo possedeva un palazzo (ancora esistente) che utilizzava come caffetteria e dolceria, oltre che per abitazione. Alla fine del 1905 l’Albergamo ha comprato la ex chiesa di S. Onofrio e le susseguenti case di Dejure (già ospizio di frati francescani) con l’intenzione di accorparli al suo palazzo, per ricavarne un albergo e ristorante. Nel 1907 ha realizzato una caffetteria sontuosa e di lusso e la zona d’ingresso sulla piazza l’ha impreziosita con decorazioni in legno verniciato nero su cui ha fatto collocare una tabella con la scritta “Caffè Umberto” con lettere modellate in cristallo dipinte. Un’altra tabella ancora riportava la scritta "Francesco Albergamo e figli - liquori e dolci - premiata specialità cassata siciliana". L’ingresso dell’esercizio era un bel vedere e assomigliava alle belle insegne delle grandi città. Alla fine dell’estate del 1907 il dolciere Francesco Albergamo cominciò a fare demolire le fabbriche della ex chiesa di S. Onofrio e dell’antico ospizio dei cappuccini. Nella seconda metà di ottobre la cuspide e la grande porta del prospetto, che ancora si leggevano, vennero completamente cancellate e al piano terra furono inserite due porte ad arco a sesto ribassato (vedi foto allegata). Una chiesa, sebbene da anni sconsacrata e distolta dal culto spariva. Oggi in quel sacro luogo caduto nell’oblio c’e una macelleria, quasi a rimembrare metaforicamente, che fu luogo d’adorazione di un dio fattosi carne.
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